The Last Session – Corso Marketing 2020

Cari Discenti e cari Amici.

Alla conclusione del corso è spesso consuetudine del docente spendere due parole di commiato.

Ci siamo ritrovati insieme per ben 22 riunioni, sapete che non amo chiamarle lezioni e ci siamo
conosciuti bene e siamo divenuti quasi amici.

A settembre avevamo deciso di gestire il corso completamente in presenza. Eravamo rimasti, da
subito, sorpresi, constatando il numero dei frequentanti. Benché ci alternassimo settimanalmente,
tra numeri di matricola pari e dispari, per garantire sicurezza alla presenza fisica in aula, la frequenza
era da subito risultata superiore rispetto agli anni passati. Quando ho chiesto, ad alcuni di voi, la
ragione, la risposta è stata immediata. Con un bel sorriso mi avete detto che era il piacere di
ritrovarsi e di poter ritornare alla vita, che eravate grati all’Università per avervi rinnovato questa
opportunità. La recrudescenza del contagio ci ha obbligati, dolorosamente, a optare per la didattica
da remoto. Devo confessarvi che venire in aula e ritrovarmi da solo, a parlare e gesticolare, mi
sembrava un po’ surreale ma alla realtà ero richiamato dalla vostra presenza in aula, anche se da
lontano. Nei minuti prima dell’inizio della riunione, mi piaceva veder comparire, in successione, i
vostri nomi che segnalavano la connessione; durante la sessione, vedervi partecipare attivamente
con le vostre domande e le vostre osservazioni, quasi fossimo veramente, tutti insieme e in
presenza. Alla conclusione, lasciarci con un saluto positivo.

Ho ammirato la vostra disciplina e la vostra perseveranza e vi sono grato perché avete dato scopo e
senso anche alla mia vita.

Ora, alla fine del quadrimestre, ci lasciamo. Ci lasciamo nella momentanea sospensione della nostra
vita e con tutte le preoccupazioni per i tempi complicati e incerti che ci attendono. Non sappiamo
per quanto tempo dovremo convivere con questo “bastardo”. Sappiamo che la pandemia lascerà
una traccia profonda nei nostri ricordi, nel nostro animo e prosaicamente ma ancor più
drammaticamente nell’economia dei cittadini, delle loro famiglie, delle imprese in cui operano, del
Paese e della nostra Europa.

LE SCUSE

Ho 72 anni, faccio oramai parte anch’io del segmento senior della popolazione, quello a volte
definito, cortesemente, più fragile. Ho compreso che vi debbo chiedere profondamente scusa. Le
scuse hanno due ragioni e due origini.
La prima è più lontana. La mia generazione e quelle a me più prossime, vi lasciano un macigno che
peserà a lungo sulle vostre spalle. Un Debito Pubblico tra i più elevati dei paesi industrializzati e tra
i più difficili da risanare. Un debito che, sottraendo risorse, blocca da anni il nostro sviluppo e
benessere.

La seconda tipologia di scuse è contemporanea. Per dare assistenza e salvare la vita di noi senior, il
sistema sanitario è messo a dura prova e per evitarne il collasso, sono stati adottati i provvedimenti
di lockdown che avranno ripercussioni drammatiche per l’economia delle persone e delle aziende.
Mi sento responsabile per quanto sta accadendo, quasi colpevole per le conseguenze che ne
derivano nel presente e deriveranno nel futuro. Senza i problemi che noi senior stiamo generando,
le persone più giovani potrebbero affrontare il contagio e uscirne bene o solo con qualche difficoltà.

Mi sembra di essere un egoista.

Quale padre e nonno, darei la vita per le mie amate figlie e i miei adorati nipoti. La darei senza
incertezza anche per tutti voi, che siete il nostro futuro, se servisse a dare speranza e soluzione a
tutti i problemi che stanno evidenziandosi. Scusatemi anche se vi sto sottraendo la possibilità di
vivere un futuro pienamente sereno.

IL FUTURO

E’ quindi possibile parlarvi del futuro quando il presente ci richiama a conseguenze imprevedibile e
dolorose?

Per darvi speranza e rassicurarvi posso solo rispondervi, ricordandovi i miei nonni e mio papà.
Il nonno materno lo vedete primo a sinistra nella foto 1, insieme a tre suoi commilitoni. Lo scatto
risale alla Guerra del 15-18. La Prima e sciagurata Guerra Mondiale. In quella foto mio nonno aveva
solo 18 anni e come tanti altri italiani, lo avevano “mandato” al fronte, in trincea, a difendere i nostri
confini.

Nonno Guglielmo – I Guerra Mondiale ’15/’18

 

Il nonno paterno è in divisa da carabiniere nella foto 2 e visse la prima guerra mondiale. È ritratto
da adulto. Sul petto i segni del suo impegno.

Nonno Enrico in Divisa

 

Mio padre è quello nella foto 3. Aveva 21 anni, Sottotenente di prima nomina, appena uscito
dall’Accademia Militare di Torino, subito coinvolto nell’altrettanta sciagurata Seconda Guerra
Mondiale, poi nella Guerra di Liberazione, dove si è meritato qualche encomio.

Osvaldo Valdani

Tutte le foto fanno trasparire la drammaticità del momento. Il sorriso è celato forse nel cuore, i visi
trasferiscono la severità del momento che stavano vivendo. Sono visi eguali a quelli dei vostri nonni
e bisnonni, che hanno condiviso la stessa esperienza.

Mi sono sempre chiesto che cosa pensassero, i miei nonni e mio padre, in quei giorni. Anche se
probabilmente la mente rimuoveva ogni pensiero tragico, erano consci che forse non avrebbero
visto l’alba del giorno dopo, o l’azzurro del cielo o il luccichio delle stelle che illuminavano, anche in
guerra, le loro notti.

Sono sopravvissuti alla tragedia della guerra. Sono stati, tra tutti, più fortunati di altri. Sono tornati
e, come si fa e si deve sempre fare, si sono rimboccati le maniche e hanno ripreso a vivere e ad agire
per se e per gli altri. La loro fortuna è stata anche di avere al loro fianco tre donne altrettanto
coraggiose e forti, come tutte le donne italiane di quei tempi.
Qualsiasi scenario caratterizzerà i prossimi anni dovete affrontarlo con lo stesso coraggio e la stessa
determinazione dei vostri nonni e bisnonni.

Si dice che il passato è tutto ciò che si è lasciato indietro e che il futuro è ciò che non si è ancora
manifestato e realizzato.

Se il passato è ieri e il futuro è domani, noi, oggi, abbiamo accesso solo al presente. Dobbiamo quindi
vivere intensamente il nostro presente per preparare il futuro, per predisporci a possibili e probabili
cambiamenti, per anticipare eventi e le conseguenze di eventi che ancora non si sono manifestati.

LA CONOSCENZA

Voi, cari Amici, state vivendo, seppur in un contesto complicato, una delle fasi più belle della vostra
vita. Dovete essere certi che, anche se dovremo perdere o rinunciare a qualcosa, l’unica risorsa che
rimarrà e vi aiuterà sempre sarà la vostra “conoscenza”.

Tutte le battaglie, quelle competitive tra imprese e nazioni e quelle personali, sono vinte da coloro
che la posseggono. Sono invece perdute da coloro che l’hanno trascurata o sono stati incapaci di
generarla e svilupparla.

Ricordate cosa urlava, disperata, Cleopatra, assistendo al rogo che avvolgeva Alessandria d’Egitto?
Dalla sua gola sgorgava un urlo disperato: “Brucia la Biblioteca”.

Non si doleva per la distruzione degli artefatti e delle bellezze tangibili della sua città ma perché la
conoscenza, scritta e conservata nei papiri, si consumava e si perdeva nelle ceneri.

La vostra conoscenza vi aiuterà sempre e vi salverà in qualsiasi situazione. Con la vostra conoscenza
aiuterete questo straordinario Paese a sopravvivere e a risorgere.
Questo è il vostro impegno, questo è il vostro mandato, questa è la vostra missione, questo è il
vostro destino.

Non tutti lo riconosceranno, non tutti ve ne saranno grati e riconoscenti. Voi siete però persone
speciali e lascerete comunque il vostro segno e avrete dato senso e scopo alla vostra esistenza.
Spero veramente che vogliate accettare la sfida della progettazione del futuro. La sfida è poderosa
ma iniziatela con un sorriso sulle labbra. Trasformatevi innanzi tutto in “produttori di felicità” per
voi e per le persone che amate e amerete.

Vi lascio con due aforismi:

Non c’è sconfitta nel cuore di chi sa lottare”
“È una beatitudine essere vivi ma essere giovani è un paradiso”.

 

Un abbraccio affettuoso.
Enrico Valdani

 

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