Resilienza per affrontare il futuro

Una parola meno comune ma utile per affrontare le nostre sfide quotidiane è resilienza. La sua origine è metallurgica. Nelle scienze ingegneristiche, la resilienza è la capacità di un materiale di resistere a sollecitazioni impulsive, alle forze che gli vengono applicate. Le scienze sociali, a loro volta, si sono appropriate del termine resilienza per indicare la capacità di far fronte in maniera positiva, agli eventi, in particolare, quelli più traumatici e di saper riorganizzare la propria vita, a fronte delle difficoltà emergenti. La resilienza è quindi la parola giusta anche per tutti noi. Le generazioni, dal dopo guerra ad oggi, non avevano mai subito e sperimentato un cambiamento congiunturale e strutturale quale quello che sta mettendo a dura prova le economie dei paesi, la competitività delle imprese e la vita dei singoli cittadini. Siamo psicologicamente e forse anche tecnicamente impreparati perché le crisi del passato, che ciclicamente si sono manifestate negli ultimi decenni, erano di breve durata e deprimevano il PIL al massimo di due punti percentuali. I consumi subivano una battuta di arresto durante la crisi ma tendevano subito a riconquistare i livelli precedenti quando il sentiment tornava sereno e positivo. Dopo la tempesta il cielo si rischiarava e tutto tornava, più o meno, come prima. Oggi sembra tutto diverso solo rispetto a ieri e dobbiamo affrontare il futuro con resilienza. Le persone resilienti sono predisposte a riprogettarsi, ad affrontare la sfida, anche se difficile e quasi crudele, predisponendosi al cambiamento.

Ma quale cambiamento e cosa fare. L’ispirazione può essere rafforzata leggendo i risultati di una interessante ricerca condotta su un ampio campione di imprese. La ricerca ha esaminato e comparato la loro performance nei tre anni precedenti le tre crisi che si sono verificate, a distanza di un decennio, negli anni ’80, ’90 e alla fine 2000 e nei tre anni seguenti.  Il 17% delle imprese analizzate nel campione non sono sopravvissute alla recessione. Esse sono state acquisite o più drammaticamente sono fallite. Per analogia con un sistema paese ciò significherebbe fare “default” e avviarsi verso un declino inesorabile e drammatico. Questo non può e non deve essere il nostro caso.

Le imprese sopravvissute, nella grande maggioranza (74%), non sono riuscite a ritornare ai livelli di vendite e profitti del periodo pre crisi. Solo un piccolo numero di imprese, circa il 9% per l’esattezza, è riuscita invece a rifiorire, conseguendo dei risultati anche migliori rispetto allo slowdown. Quale sistema paese, questo modello deve essere la nostra aspirazione.

Queste imprese “vincitrici” rispetto a quanto si potrebbe pensare non sono quelle che, più o meglio delle altre, sono riuscite a ridurre solo i costi. Sorprendentemente chi si è orientato al solo al taglio dei costi ha ridotto al 21% la probabilità di riallinearsi ai rivali nel dopo crisi e al 26% la chance di poter divenire una impresa leader. Quali sono state allora le imprese che hanno saputo superare i downturn che le hanno travolte? Quali strategie hanno adottate? Queste strategie possono valere anche per un sistema paese?

Le imprese che hanno saputo affrontare la crisi  sono quelle che hanno  bilanciato la riduzione dei costi, per sopravvivere nel presente e promuovere investimenti per crescere nel futuro.

La soluzione può sembrare intuitiva ma la combinazione congiunta di strategie difensive ed offensive ha giustificato, con la più alta probabilità, 37%, non solo di superare i momenti difficili ma di poter affrontare competitivamente il dopo recessione.

Le imprese e i sistemi paese, al pari delle persone, tendono a ridurre le pene e a migliorare il benessere ma si differenziano nel modo con il quale conseguono tali risultati. Alcuni sono più orientati alla sfide altri alla sola prevenzione dei danni.  In realtà, anche se appare quale un paradosso irrisolvibile, i paesi, al pari delle imprese, devono saper combinare una severa riduzione dei costi e perseguire strategie di sviluppo e di innovazione, integrando un orientamento difensivo con uno più offensivo.

La riduzione dei costi non può essere lineare o longitudinale ma altamente selettiva. Hanno ridotto tutti i costi ed investito per migliorare l’efficienza operativa. Solo il 23% di queste imprese ha ridotto il capitale intellettuale. Le imprese che riducono solo il personale riducono al 11% la probabilità di recupero nel post crisi. Il morale e l’empowerment del personale è risultato più elevato nelle imprese orientate al miglioramento dell’efficienza operativa rispetto a quelle che hanno perseguito il taglio per il taglio. Il personale risulta infatti più coinvolto perché non vede solo a rischio il proprio progetto professionale ma percepisce gli sforzi dell’azienda per sopravvivere e partecipa con entusiasmo al cambiamento.

Queste imprese in parallelo sono risultate strategicamente ambidestre perché si sono orientate allo sviluppo di nuovi business, di nuove opportunità, alla rigenerazione di proposizioni di valore per i loro clienti, investendo, meglio e più dei rivali, in ricerca&sviluppo e in marketing. Tali imprese rispondono quindi alla sfida della crisi rigenerando tutto il loro business model, intervenendo sulla riprogettazione delle modalità con le quali gestire tutte le loro attività.

Per analogia questo orientamento è quello che deve perentoriamente essere perseguito anche per riprogettare un sistema paese. Per farlo è necessaria molta resilienza. Per un sistema paese la resilienza sta nella capacità di saper veramente cambiare. Discontinuità e cambiamento esprimono entrambe incertezza, Il cambiamento è una parola certamente non popolare perché è foriera di dubbi, esprime l’interruzione delle cose note, l’allontanamento da situazioni e contesti familiari. Al pari, lo stesso genere di sconforto è provocato dall’idea della discontinuità. Per queste ragioni i paesi come le imprese a volte sono riluttanti a cambiare.  Per farlo è necessario con coraggio distruggere tutte le convenzioni. Le convenzioni  sono le cose che accettiamo perché appartengono alle abitudini, ai costumi e ai comportamenti che ci sono più familiari. L’abitudine comporta confort che a sua volta previene il cambiamento. Identificare convenzioni ed ortodossie rappresenta il primo passo per preparare il sistema paese ad un salto più radicale e a creare una nuova visione per progettare il nostro futuro. Per iniziare questo viaggio sono necessarie persone resilienti, capaci di fronteggiare le contrarietà, affrontare gli eventi anche quelli più traumatici, riorganizzando la propria vita, dando nuovi slanci all’esistenza.  Questo comportamento è giustificato proprio dal significato etimologico della parola resilienza che deriva dal latino resalio, che sottende il gesto di risalire su una barca capovolta dall’impeto dei marosi, senza arrendersi, nonostante le difficoltà che dovremo fronteggiare.

Condividi